Grano saraceno

Ultima modifica 1 febbraio 2023

Una delle colture più tradizionali della Media Valtellina è quella del grano saraceno (fagopirum esculentum, appartenente alla famiglia delle poligonacee), la cui fioritura tingeva il paesaggio di macchie di un bianco candido e di sfumature rosate. La sua importanza è legata all'ambito alimentare; questo cereale infatti ha contribuito a garantire il soddisfacimento del fabbisogno alimentare, soprattutto durante i difficili periodi di carestia.

La coltivazione si alternava, nell'arco dell'annata agricola, con l'orzo, la segale e l'avena. Il grano saraceno era seminato ai primi di luglio, giungeva a maturazione ed era colto verso la fine di settembre, dopo la mietitura era lasciato ad essiccare in piccoli covoni nel campo. La battitura era effettuata in uno spazio pianeggiante, dove erano stesi dei rustici tappeti, progenitori dei tradizionali “pezzotti”, e si raccoglievano i chicchi che cadevano sotto i colpi del coreggiato. Prima di riporlo nei sacchi doveva essere ripulito dalle scorie degli steli rossicci con un setaccio con il fondo in vimini. Il grano saraceno, la cui farina “bigia” è l’ingrediente principale di ricette squisitamente nostrane come pizzoccheri, sciatt, polenta e chiscioi, ha lasciato un’impronta indelebile nelle tradizioni culinarie valtellinesi.


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